Sono passati circa tre mesi dall’inaugurazione del primo sportello di contrasto al gioco d’azzardo ad Andria gestito dalla Comunità Migrantesliberi, insieme a Casa Accoglienza Santa Maria Goretti. “Vinco io”, il nome dello sportello, ha organizzato presso la Sala Attimonelli dell’Albergo dei Pini un incontro dal titolo “Gioco d’azzardo patologico, conoscerlo per evitarlo e il Dis-Interesse della politica”. Un’occasione per tracciare il bilancio dei primi tre mesi di attività dello sportello e per discutere della questione con Mons. Alberto D’Urso, Presidente Nazionale della Consulta antiusura, Mons. Mansi Vescovo della Diocesi di Andria, Daniela Fortunato e Liliana D’Avanzo, rispettivamente assistente sociale e psicologa operanti all’interno dello sportello “Vinco io”.

«Lo Stato ha interesse ad incassare – spiega Mons. D’Urso – e ogni anno guadagna miliardi sul gioco d’azzardo. Quindi dobbiamo dire che il mondo politico ha avuto interesse ad incentivare su questa povera gente. Perché chi ricorre all’azzardo è qualcuno che ha perso il lavoro, non ha denaro, ecc. Noi invece di aiutarle, ne abusiamo. Come Chiesa dovremmo educare di più. La scuola non può disinteressarsi di questo. Lo stesso vale per la famiglia. La nostra economia ne risente, tra l’altro».

«Si tratta di una piaga dei nostri tempi – sottolinea Mons. Mansi – legata a vite disordinate e dove la fruizione di beni di consumo diventa il valore principale. Senza regole, limiti e freni. Ogni qualvolta che arriva il freno si cerca di scavalcarlo, ed ecco dunque il gioco d’azzardo. Esso diventa un modo per tentare di avere tra le mani molto più denaro per soddisfare i desideri di una vita disordinata. Dopo si diventa dipendenti perché non si riesce più a staccarsi da questi “bisogni”. Coloro che vivono queste situazioni devono fare un passo importante: convincersi che da soli non possono farcela e devono assolutamente farsi aiutare».

«In questi tre mesi abbiamo avuto a che fare con 35 casi – aggiungono Daniela Fortunato e Liliana D’Avanzo – di cui la maggior parte arrivati nell’ultimo periodo. Tramite lo psicologo, l’assistente sociale e il consulente etico noi cerchiamo prima di tutto di accogliere e ascoltare il giocatore patologico, coinvolgendo anche la famiglia. Poi avviamo un percorso di psicoterapia individuale e di gruppo che comprende sia il giocare che la stessa famiglia».