Nel corso della notte, la Compagnia della Guardia di Finanza di Trani ed il Commissariato della Polizia di Stato di Andria hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari nei confronti di sei persone a conclusione della attività di indagine condotte al fine di contrastare il fenomeno del “caporalato”.

Il provvedimento restrittivo, disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari di Trani Angela Schiralli su richiesta della Procura di Trani, è l’epilogo delle complesse attività investigative che hanno permesso di accertare come un’apparente e lecita fornitura di braccianti agricoli a mezzo di agenzie di lavoro interinali mascherasse, in realtà, una vera e propria forma di moderno “caporalato”.

Le indagini difatti sono state avviate all’indomani del decesso della bracciante agricola Paola Clemente, avvenuto nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015. Non semplice è stata la ricostruzione operata dai poliziotti di Andria e dai finanzieri di Trani che hanno dovuto superare il muro di omertà frapposto dalla grandissima maggioranza delle braccianti agricole che, con il timore di essere escluse dalla platea delle potenziali lavoratrici, hanno manifestato reticenza nel corso delle varie dichiarazioni rese dinanzi agli investigatori la cui caparbietà ha permesso di ricostruire il persistente radicamento, sul territorio pugliese, del fenomeno del caporalato nella cui morsa era intrappolata anche Paola Clemente, facendo di lei una vittima di tale meccanismo.

In particolare finanzieri e poliziotti sono riusciti a scoprire l’astuto modus operandi posto in essere dagli indagati a fronte di una realtà documentale fondata sulla sottoscrizione di contratti stipulati dall’Agenzia di lavoro interinale con i braccianti per la loro assunzione e con le aziende agricole utilizzatrici per l’allocazione della forza lavoro reclutata con relativa emissione di buste paga che registravano la corresponsione di una retribuzione conforme a quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

In realtà, gli stessi braccianti sono stati oggetto di un sistematico sotto-pagamento mediante un riconoscimento di minori giornate di lavoro nonché l’omessa imputazione di tutte le indennità (trasferte e/o straordinari) normativamente previste. Infatti, considerando che ogni singolo bracciante iniziava, dalla Provincia di Taranto, il proprio tragitto direzione campagne del Nord Barese alle ore 03:30 del mattino per farvi ritorno alle 15:30 circa, agli stessi sarebbe spettata una retribuzione giornaliera di circa € 86,00, a fronte degli effettivi €30 riconosciuti.

Attraverso lo scudo dell’Agenzia di Lavoro interinale, alle braccianti veniva assicurato un lavoro “regolare” con contributi versati in relazione, però, ad un numero inferiore di giornate lavorative rispetto a quelle effettivamente svolte. In altre parole l’opzione dei caporali era: o lavori con me mediante l’agenzia accettando di farti riconoscere meno giornate lavorative, oppure ti cerchi un lavoro assolutamente “in nero” con tutti i rischi, anche assicurativi e contributivi, che ne possono derivare. Proprio per questa forma evoluta di caporalato sono finiti in carcere 3 dipendenti dell’Agenzia di lavoro interinale di Noicattaro, il titolare della ditta addetta al trasporto delle braccianti agricole ed una donna che aveva il compito di “controllare” le lavoratrici sui campi, tutti residenti nel barese e nel tarantino. Agli arresti domiciliari, invece, la moglie del titolare della ditta di trasporto che, risultando falsamente presente nei campi quale bracciante agricola, percepiva indebiti contributi pubblici per la “disoccupazione agricola” e la “indennità di maternità e congedi”.

Contestualmente all’esecuzione delle misure custodiali, i finanzieri ed i poliziotti hanno eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l’importo di oltre € 55.000, quale valore complessivo dei contributi spettanti ai braccianti agricoli a seguito del sotto-pagamento nonché indebiti contributi percepiti dall’arrestata.

Agli indagati è stato contestato il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuato, la truffa aggravata e la truffa ai danni dello Stato, reati per i quali rischiano fino ad un massimo di 8 anni di reclusione. Gli indagati, attinti dalla custodia cautelare in carcere, sono stati condotti presso la Casa Circondariale di Trani in attesa degli interrogatori di garanzia.