«L’eccezionale gelata che ha colpito la maggior degli impianti olivicoli del territorio pedo-murgiano del nord barese ha notevolmente compromesso la produzione olivicola ed olearia con le immaginabili conseguenze economiche e sociali caratterizzate dalla crisi occupazionale che purtroppo subiremo con le mancate assunzioni dei numerosi operai agricoli solitamente impegnati sia nelle operazioni di raccolta delle olive che nelle attività dei nostri frantoi, senza dimenticare le conseguenze economiche e finanziarie dei nostri produttori che non vedranno realizzato il proprio reddito». E’ una lettera del Consigliere delegato alle Politiche Agricole di Andria Benedetto Miscioscia, indirizzata ai Ministri Centinaio e Grillo oltre che all’Assessore all’Agricoltura della Regione Puglia Leo Di Gioia per sottoporre la problematica relativa al nuovo Regolamento UE 2018/686 del 04/05/2018 ed in particolare al Clorpirifos.

«Oltre al danno per la mancata produzione olivicola, anche la beffa – spiega Miscioscia – Infatti non molti stanno considerando la portata di un’altra novità: l’introduzione dei nuovi Limiti Massimi Residuali (LMR) di clorpirifos ammissibili nelle nostre olive, fissato allo 0,01 mg/kg. dal nuovo Regolamento 2018/686 a partire dal 5 dicembre 2018, con le immaginabili implicazioni in campo commerciale per le olive e per l’olio. Limiti che ci portano a rappresentare le legittime preoccupazioni degli olivicoltori e produttori oleari che, incolpevolmente ed inconsapevolmente, si ritrovano nel proprio olio tracce di questo principio attivo. Dopo la battaglia affrontata qualche anno fa contro il “procimidone”, un anticrittogamico che si ritrovava inspiegabilmente in tracce nel nostro olio, oggi il problema si ripresenta con il clorpirifos la cui presenza, se pur in tracce, genererà conseguenze di natura commerciale per l’immaginabile probabile deprezzamento qualitativo del valore stesso dell’olio. Un vero e proprio dilemma che, oltre alle conseguenze commerciali e alle ripercussioni economiche, ci condurrà inevitabilmente, a doverci confrontare sul problema interpretativo tra il residuo presente nell’oliva e quello rilevabile nell’olio».

«Infatti si appalesa un vuoto normativo in tal senso – spiega Miscioscia – che va definito, considerato che il nuovo limite stabilito dal Regolamento Europeo si riferisce al residuo nell’oliva ma non nell’olio estratto, il cui limite, ma solo nel nostro Paese, rimane fissato allo 0,05 mg/kg., ciò determinando conseguenze preoccupanti soprattutto per chi commercializza in particolare oli monovarietali. Infatti, nonostante la limitazione prevista nelle stesse “norme di difesa eco-sostenibile regionali” sull’impiego di presidi fitosanitari a base di clorpirifos etile registrato per altre colture, al fine di evitarne l’uso in coincidenza con il periodo di inoliazione delle olive, non è difficile rilevarne la presenza anche nell’olio, se pur in tracce e nei limiti ammissibili per legge ai fini alimentari, compromettendone irrimediabilmente il valore commerciale con il rischio di vederselo rifiutato e/o svalutato dalle grandi aziende commerciali. A subire le conseguenze non sono solo le aziende olivicole biologiche ma anche quelle che adottano il metodo della lotta integrata che sfortunatamente si ritrovano in un contesto territoriale in cui gli olivi si alternano con vigneti e frutteti in genere».

«A tal proposito – conclude Miscioscia – si è reso necessario sottoporre la questione ai Ministri competenti Centinaio e Grillo e all’assessore regionale Di Gioia, per valutare se vi sono ancora i presupposti alla commercializzazione di tale principio attivo, atteso che rimangono inspiegabili i motivi della sua presenza, se pur in tracce, nell’olio stesso pur non trattato. Una questione che si rende necessaria esporre per salvaguardare e garantire non solo la qualità della nostra produzione olearia ma anche gli interessi dei consumatori e dei nostri produttori olivicoli ed oleari che si sforzano sempre di più a differenziare la propria offerta qualitativa degli oli, rispetto alle comuni miscele di oli comunitari e/o extracomunitari, normalmente in commercio esaltando quel valore identitario legato alla biodiversità varietale, grande ricchezza colturale del nostro Paese che abbiamo il dovere di tutelare e salvaguardare».