«Quando si acquista una passata al supermercato si paga più la bottiglia del pomodoro contenuto. Nel 1985 il pomodoro da industria veniva pagato 180 lire e a distanza di 33 anni il prezzo è rimasto praticamente inalterato, mentre sono cresciuti i costi di produzione – denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, commentando l’analisi di Coldiretti sulle voci che compongono il costo di una bottiglia di passata di pomodoro».

Le distorsioni sono evidenti, considerato che in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro, oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% va ai costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

«Non è assolutamente equilibrato e coerente la distribuzione del valore lungo la filiera – aggiunge Cantele – anche a causa di pratiche commerciali sleali come i casi di aste capestro on line al doppio ribasso che strangolano gli agricoltori con prezzi al di sotto dei costi di produzione, nonostante il codice etico firmato l’anno scorso fra il Ministero delle Politiche Agricole e le principali catene della grande distribuzione. Nonostante ciò, le imprese agricole e agroalimentari pugliesi continuano ad operare onestamente e in trasparenza, rese ancora meno competitive da chi sfrutta la manodopera italiana e straniera, abbattendo illecitamente i costi di produzione».

Per Coldiretti Puglia è indispensabile e urgente una grande azione di responsabilizzazione, dal campo allo scaffale, per garantire che dietro tutti gli alimenti in vendita, italiani e stranieri, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore.

«I prodotti dell’agricoltura passano nelle mani dei lavoratori stranieri – aggiunge Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – che rappresentano circa il 25 per cento del numero complessivo di giornate di occupazione del settore e rappresentano, quindi, una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo. Sono 134mila gli stranieri residenti in Puglia, con una equa ripartizione tra uomini e donne e le province di Bari e Foggia rappresentano i principali poli attrattivi per gli stranieri regolarmente residenti. Lecce, nel dettaglio, secondo i dati, è la provincia più ambita dalla nuova migrazione, seguita da Foggia, una grande risorsa dell’agricoltura pugliese che va valorizzata e difesa da inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale».

Occorre affiancare le norme sul caporalato – continua Coldiretti Puglia – con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso da Coldiretti.