Palagiustiza Bari, udienze nella tendopoli (ph Isabella Maselli)

«Siamo passati dalla Cittadella alla Tendopoli». Questo il primo commento dei consiglieri regionali M5S Grazia Di Bari e Antonella Laricchia, in merito alla situazione del Palazzo di Giustizia del capoluogo che, essendo a rischio crollo, in queste ore è stato sgomberato e “trasferito” in delle tende di emergenza.

«Sono anni – dichiarano – che questa situazione viene denunciata ma non è mai stato trovato rimedio. Per quanto le esigenze di non dover procedere ad una eccessiva movimentazione dei fascicoli portino a dover utilizzare la tendopoli, perché vicina a quelle cancellerie che dovranno essere svuotate del prezioso materiale processuale, si trascura la più importante esigenza di sicurezza sul lavoro e tutela degli addetti ai lavori, che devono obbligatoriamente entrare nell’edificio per accedere ai fascicoli d’ufficio conservati in un palazzo la cui precaria stabilità era conosciuta da tempo. In questa totale instabilità si colloca il grido di dignità lanciato da diversi magistrati costretti a dover svolgere il proprio dovere di giudice in una tenda, nominando Ctu psichiatriche e ascoltando detenuti in video conferenza senza il benché minimo rispetto della privacy e della riservatezza richiesta per gestire situazioni talmente delicate sia per gli imputati che per le vittime».

C’è stato un periodo, ricordano i cinquestelle, in cui si auspicava la costruzione della Cittadella della Giustizia poi la sentenza del Consiglio di Stato del 2016 fermò il progetto perché non era stato coinvolto il Comune di Bari. Ora per evitare il peggio sono state montate in un parcheggio tre tende da campo con bagni chimici all’esterno: lì e in altre sedi periferiche si svolgeranno le udienze penali ordinarie e i magistrati dovranno lavorare a rotazione.

«Dal 2016 – incalzano i cinquestelle – nulla si è fatto nonostante le dichiarazioni del Presidente Michele Emiliano di voler far ripartire subito il progetto della Cittadella della Giustizia. È una situazione che denota ancora una volta lo stato emergenziale in cui viviamo. Ormai non si salva nessun settore, siamo un paese – concludono – che ha bisogno urgente di programmazione».