«Un anno fa l’UE ha iscritto la ‘burrata di Andria’ nell’elenco delle IGP (Indicazione Geografica Protetta). Finalmente è stato aperto il dialogo con i trasformatori per ridare centralità al latte e al territorio, perché bisogna uscire dalla grande ambiguità di commercializzare un prodotto che può fregiarsi di un marchio comunitario così fortemente distintivo del territorio, valorizzando così i caseifici che già usano latte pugliese, senza che il valore aggiunto sia adeguatamente esaltato.

Il disciplinare di produzione, essendo stato redatto precedentemente, non contempla l’origine del latte utilizzato per fare la burrata e non tiene conto delle importanti novità introdotte dal decreto che obbliga ad indicare in etichetta l’origine del latte da utilizzare per fare i prodotti lattiero – caseari ‘made in Italy’. Poiché il Decreto prevede che i prodotti IGP e DOP non riportino in etichetta l’origine del latte, è evidente che i consumatori continueranno ad acquistare convinti che sia fatta con latte del territorio, quando, invece, il Disciplinare non contiene alcuna indicazione in tal senso. Avviare, anche se a posteriori, un percorso di trasparenza e promozione del latte locale è una occasione che il territorio di Andria non può perdere e che andrà a beneficio di artigiani, industriali, consumatori e della sana imprenditoria zootecnica pugliese».

E’ il Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, a richiamare tutti i soggetti della filiera, che concorrono a dare lustro alla Puglia con la ‘burrata di Andria’, a ridiscutere il disciplinare per dare valore aggiunto ad un prodotto di punta dalla indubbia riconoscibilità in Italia e all’Estero.

Dalle frontiere italiane passano – sottolinea la Coldiretti – ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.

«L’intera filiera sta lavorando per superare la sostanziale contraddizione – aggiunge il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – di rendere appetibile a livello commerciale un prodotto fatto con latte estero. Il disciplinare caratterizza solo la qualità del prodotto (% di grasso, di proteine, carica batterica, ecc…) che potrebbe, quindi, provenire da qualsiasi parte del mondo. Una filiera produttiva così importante e riconosciuta non poteva non cogliere la grande opportunità data dall’etichettatura obbligatoria che di fatto è un grande successo per tutto il mondo agricolo e per gli allevatori che versano in una grave situazione per colpa del prezzo del latte troppo basso e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall’estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per ‘Made in Puglia’. L’etichettatura obbligatoria deve diventare una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei nostri consumatori debbono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano”.

Ben 80mila mucche da latte presenti in Puglia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt – sottolinea la Coldiretti Puglia – che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP (canestrato pugliese e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino).

In Puglia a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, venduti come prodotti lattiero-caseari “Made in Puglia”.