Riprendiamo ed integralmente riportiamo su richiesta dell’autore stesso, la lunga missiva inviata al Sindaco di Andria, Nicola Giorgino, da Riccardo Saccotelli, ormai ex Carabiniere «Andresano e Vittima del terrorismo (come si definisce lui stesso)», sopravvissuto all’attentato del 12 novembre del 2003 alla base iraquena di An Nasiriyah. Lo stesso Riccardo Saccotelli ricorda come a questa missiva, inviata il 30 maggio del 2013, non vi sia stata mai risposta formale nonostante un incontro avuto proprio con il Primo Cittadino di Andria.

«Il 23 maggio 2013 ad Andria – ricorda Saccotelli – fu scoperta una lapide di pietra in “onore” dei morti di Nasiriyah. Dato lo squallore del posto e della situazione creatasi il Sindaco della city decise di invitarmi il 28 maggio per un incontro informale e cordiale. Mi chiese in quella occasione di far arrivare all’amministrazione una mia proposta impegnandosi a presentarla alla Giunta e al Consiglio. Domani ricorre il 10 compleanno della strage. A memoria dell’incontro con Nicola Giorgino posto qui di seguito la mia proposta inviata all’amministrazione il 30 maggio 2013! Buona memoria a tutti».

«Carissimo – è l’incipit della proposta di Riccardo Saccotelli – Ti scrivo per ringraziarti del nostro amichevole incontro con cui abbiamo chiarito i diversi punti di vista su questa storia di An Nasiriyah ormai pubblica e che mi ha profondamente ferito. Del resto credo che sia per me doveroso sentirmi coinvolto. Non è stato per nulla difficile comunque e spero tu abbia incontrato in me tutta la voglia e la disponibilità ad ascoltare, capire e chiarire i reciproci punti di vista e le convinzioni maturate in questi 10 anni di storia di vita personale di cui tanti non sanno nulla.
Per questo Ti chiedo di poter presentare, ed è un favore personale ma per una questione istituzionale, questa mia lettera aperta al Sindaco della città e al Consiglio Comunale in cui spero di ritrovare ancora quegli amici di un tempo al di là delle loro posizioni politiche e delle loro personali convinzioni sulla storia della strage di quel 12 novembre 2003: una pagina di Storia Italiana ma anche andriese.
Forse per questo c’è stata in me una delusione maggiore: perché si tratta della mia città (e so di quante buone capacità reali ci siano in campo); perché si tratta dei miei amici (quelli di An Nasiriyah nel mio ormai ex-lavoro e quelli con cui sono cresciuto a scuola, in Oratorio e nelle varie Organizzazioni ed Associazioni di Volontariato); e perché si tratta di me che non per mia colpa pago il peso di essere un sopravvissuto e in evidente conflitto di interesse tra le personali convinzioni e l’obbligo di testimonianza che mi porto dentro ogni giorno. In ogni modo.
Al Sindaco e ai miei amici Consiglieri e – per il loro tramite – a tutto il Consiglio voglio personalmente chiedere a questo punto uno sforzo perché si restituisca dignità e decoro ad un luogo che mi pare di capire si voglia adibire ad altare della memoria della Strage e della Storia dell’Iraq in questa città. Nella mia città che sono sicuro un giorno potrà essere orgogliosa – nei fatti e non nei discorsi – della mia testimonianza diretta.
Conosco nei dettagli la storia politica dell’istituzione di quel rondò e mi permetto, con ferma determinazione, di ritenerlo privo di decenza e pubblico decoro. A cui si è aggiunta anche la tristissima storia della stele. Nessuno qui potrà esimersi dalle proprie responsabilità – ed è il mio schietto parere – e quindi spero che nessuno e da nessuna parte politica voglia fare considerazioni che credo a questo punto siano inopportune da qualsiasi fronte arrivino.
E non uso retorica oggi se poi dico che se la vicenda volge verso un chiarimento pubblico ed istituzionale sarà merito di tutti e quindi della Città intera che potrà esserne orgogliosa.
Termino allora queste preliminari considerazioni rivolgendomi a Voi tutti da cittadino andriese. Mi rivolgo a voi Andriesi rappresentanti degli Andriesi. E mai come in questo momento mi rendo conto di essere cittadino del mondo al di là della mia appartenenza a questa comunità e residenza per questioni storiche a Gorizia (tra i vari doveri di chi serve lo Stato – c’è anche quello, a volte, di rinunciare alle proprie origini – e con questo non tolgo nulla spero alla città di Gorizia dove ho lavorato e studiato e continuo a lottare per avere giustizia nei procedimenti ancora attivi per l’accertamento della verità e delle responsabilità della strage).
Vi chiedo, insomma, e propongo con questa mia istanza di poter destinare o ripensare ad un altro luogo più idoneo di questa città per i RAGAZZI di AN NASIRIYAH. Si, lo voglio ripetere: i Ragazzi di An Nasiriyah: tutto ciò che umanamente eravamo, racchiusi nelle diverse motivazioni che ci hanno portati in Iraq. Eravamo poco più che dei ragazzi 10 anni fa. Tutti. I morti e i feriti. I civili e i militari. Gli Iraqueni e gli Italiani. I bambini e gli adulti. I Cristiani ed i Musulmani. Donne e Uomini senza alcuna distinzione di razza, religione, forza armata, divisa, colore di pelle, orientamento sessuale, formazione politica.
Quelli del 12 novembre e tutti i successivi testimoni di quella pace belligerante. È scomodo persino per le mie convinzioni personali parlare e associare Nicola Callipari e Enzo Baldoni, Marco Beci e Fabrizio Quattrocchi, Carlo De Trizio e il giovanissimo Matteo Vanzan appena 23enne morto dissanguato nella più lucida consapevolezza che stava morendo senza poter neppure salutare l’ultima volta la sua famiglia e i suoi amici. Non voglio escludere dalla storia dell’Iraq nessuno e neanche Luciana Sgrena, Umberto Cupertino, Maurizio Agliana e Salvatore Stefio. Ognuno ha costruito la sua storia e il suo percorso su quella missione di soccorso umanitario internazionale che ha spaccato in due l’Italia e che ha fatto di questi simbolici nomi il radicarsi di posizioni e convinzioni estremamente diverse. Ma tutti eravamo li in Iraq. E ad oggi mai nessuno si è ricordato di me e degli altri sopravvissuti quasi a far ricadere su di noi la colpa di essere tornati indietro vivi. E un luogo che ricorda tutti potrebbe diventare un luogo davvero di tutti pur restando ognuno con le proprie rispettabili e differenti idee che credo aiutino a mantenerci Vivi di Memoria.
Mi permetto quindi di suggerire alla Vostra attenzione alcuni luoghi su cui ho posto la mia attenzione sin dall’istituzione di quel censurabile rondò:
– La rotatoria di Via Giuseppe Verdi;
– La rotatoria di Via Puccini (in fondo);
– Lo piazzetta di Via Savonarola;
– La piazzetta in Piazza Sant’Agostino;
– Il Largo Caneva vicino a Santa Maria Vetere;
– La rotatoria di Piazza Marconi;
– La piazzetta in Piazza Ruggiero VII°.
Sono posti in cui credo non occorra spendere ulteriori soldi pubblici al fine di migliorarne lo stato delle manutenzioni e che sono visibilmente ricchi di verde e piante ornamentali che li rendono decisamente più decorosi.
Oppure si potrebbe individuare un idonea zona di fronte al Comando dei Carabinieri nella parte della Villa Comunale appena ristrutturata o in un’area del Parco IV Novembre dov’è già presente il Monumento ai Caduti.
Solo alcune idee con cui tuttavia non voglio assolutamente sostituirmi alle Vostre libere e rispettabili scelte e volontà ma restare attento e vigile custode della memoria che ritengo mio dovere civico e civile nel rispetto della dignità di tutti. Mi rendo ovviamente disponibile ad ogni possibile collaborazione che si dovesse rendere necessaria o soltanto utile.
Seguirò con attenzione i dibattiti, le proposte, le Vostre scelte ed ogni qualsiasi libero pensiero in disaccordo con il mio purché siano rispettose e non perdano mai di vista quella dignità umana per cui non credo ci siano convinzioni politiche che possano autorizzare ogni genere di offesa
».