«La presenza della Puglia tra le cinque regioni incapaci di raggiungere quella che dovrebbe essere la soglia minima delle cure garantite dal Servizio sanitario Nazionale non è motivo di giubilo per chi sta all’opposizione dell’attuale Governo regionale. Purtroppo questo dato conferma la situazione in larga parte deficitaria della sanità pugliese. Può sembrare facile dirlo ora, eppure questo è proprio il risultato che si doveva temere come uno scenario plausibile». Lo afferma in una nota Benedetto Fucci, di Direzione Italia, deputato e membro della Commissione affari sociali della Camera.

«Chi scrive – continua l’On. Fucci – ha osservato con preoccupazione crescente quanto accaduto nel proprio Territorio, la BAT, con gli effetti annunciati del piano di riordino ospedaliero, tra tagli dei posti letto, chiusure senza un apparente raziocinio e intere comunità fortemente penalizzate. E soprattutto senza una minima idea di programmazione in ottica futura. Ma da quanto apprendo, anche nelle altre province della Puglia la situazione è difficile e soprattutto preoccupante.

Allo stesso modo è davvero preoccupante che, mentre altre regioni in difficoltà. Nella gestione sanitaria hanno avviato pur con molte difficoltà processi effettivi di riforma e maggiore efficienza al servizio dei cittadini, in Puglia non solo non abbiamo compiuto alcun progresso ma siamo perfino andati indietro, come detto dal Ministro della Salute, rispetto a quanto rilevato nel 2014. Anche qui faccio un esempio che conosco da vicino: l’ormai paradossale vicenda dell’”araba fenice” di Andria, ovvero quel nuovo ospedale annunciato da anni ma finora mai realizzato.

Ad Andria – conclude – come in altri centri della BAT e in ormai troppe parti della Puglia, una regione letteralmente affondata anche sul piano economico e sociale negli ormai dodici anni del duo Vendola-Emiliano, a pagarne le conseguenze sono come al solito i cittadini. I pugliesi, come dimostrato dalla rilevazione, non sono oggi nelle condizioni di poter però chiedere al servizio sanitario prestazioni che rientrano nei Livelli essenziali di assistenza, cioè nel novero di quelle che lo Stato, per la loro essenzialità, ha il dovere di erogare per il tramite delle regioni».