Paradossale parlarne oggi con temperature che sfiorano lo 0 e ripensando a quella mattina in cui, invece, si sfioravano i 40°. Ma esattamente sei mesi fa, il 12 luglio 2016, alle 11,04, la vita dell’intera comunità del nord barese è profondamente cambiata. Ci si è resi conto della estrema fragilità, delle estreme falle del sistema di controlli, della grande ed immane tragedia che può capitare in un disastro. Disastro che non potrà mai essere derubricato a tragica fatalità perchè due treni non si scontrano per caso, due treni non viaggiano in senso opposto sullo stesso binario, due treni e 23 anime non finiscono la loro corsa in quel modo.

E’ l’ormai ribattezzata mediaticamente “Tragedia della Bari-Nord”, un evento di cronaca che ha oscurato qualsiasi altra notizia di uno strano 2016. Dal mio punto di vista (quello di giornalista impegnato sul campo) il ricordo non può che essere vivo e vivido, perchè appena giunto su quello sperduto posto tra le campagne andriesi e coratine, le scene e le immagini restano indelebili. I primi messaggi a distanza di minuti dallo scontro, la maxi emergenza attivata in una manciata di secondi, la ricerca affannosa del posto, quella sbarra del passaggio a livello per terra ed il suono del lampeggiante continuo a spezzare un silenzio rotto solo dalle urla e dai grilli. E poi il pensiero ai feriti, ad un piccolo seppur essenziale ristoro, l’accompagnamento all’ombra, l’acqua, le barelle, la disperazione negli occhi dei soccorritori e delle forze dell’ordine, gli elicotteri, il sudore vero e l’angoscia sino ad arrivare al racconto. Un racconto che è stato per quanto possibile lucido ma inevitabilmente coinvolgente, un racconto mai immaginato, un racconto che ha parlato di vite spezzate ma anche di vite ritrovate.

Un racconto lungo 180 giorni e che ad oggi non ha ancora un colpevole, ha indagini ancora in corso, ha una tratta ferroviaria ancora parzialmente interdetta, ha sistemi di sicurezza ancora non conformi con le disposizioni nazionali, ha tante domande alle quali ancora nessuno ha risposto. Restano le storie di chi non c’è più, di chi c’è l’ha fatta, di chi ha soccorso e di chi ha raccontato. Restano le storie di quel 12 luglio e di una giornata che non vogliamo dimenticare e che, promesso, non dimenticheremo.