Già fuori San Ferdinando, Trinitapoli e Canosa si è aggiunta nel finire dell’anno anche Trani con una delibera di Consiglio Comunale. Stessa scelta ha praticamente già fatto anche Bisceglie ed è inevitabile interrogarsi sul futuro. Stiamo parlando del Patto Territoriale Nord Barese Ofantino, uno strumento tecnico dei comuni e degli enti nato nella BAT nel 1998. I Patti territoriali, in realtà, sono nati qualche anno prima da un’idea promossa dall’Unione Europea per creare progetti di sviluppo locale e nuova occupazione. Sin dalla nascita di questa idea furono 89 i patti territoriali sperimentali nati in Europa e 10 in Italia tra cui proprio quello del Nord Barese Ofantino.
Ampio il parterre di enti coinvolti che ha previsto oltre ai dieci comuni, poi riunitisi nella nuova provincia pugliese BAT, anche la città di Corato e svariate altre organizzazioni. Ma dalla sua creazione il Patto Territoriale Nord Barese Ofantino ha spesso caratterizzato vespai di polemiche di svariata natura. Quasi 20 anni di vita con diversi interventi realizzati ed un’idea ambiziosa alla base e cioè quella di metter attorno ad un tavolo, insieme ed in diversi ambiti tra cui quello occupazionale, del turismo e dell’inclusione sociale, diverse città della futura sesta provincia pugliese. Il consiglio d’amministrazione è formato da tre sindaci ed attualmente vede protagonisti Paolo Marrano, Sindaco di Margherita, quale Presidente mentre Minervino e Spinazzola, rispettivamente con Lalla Mancini e Michele Patruno, siedono nel consiglio.
L’uscita dei grandi comuni, tuttavia, annuncia un inevitabile cambiamento per questo strumento. Il territorio torna difatto a dividersi profondamente su questo Patto e chiede, in sostanza, altri strumenti d’unione perchè immaginare dei territori che parlino una lingua diversa in temi così delicati come il lavoro o il turismo è davvero impossibile. Sono le discussioni avvenute nei Consigli comunali di Trani e Bisceglie a far comprendere questo semplice concetto: il Patto ha probabilmente concluso la sua funzione viste anche le continue modifiche normative a livello europeo, anche se non è ipotizzabile che le città del nord barese non provino a prendere quanto di buono è stato fatto in 18 anni di attività. Serve senza dubbio a tutti i comuni, uno strumento in grado di intercettare finanziamenti, di garantire continuità di servizi, di immaginare sviluppi coesi territoriali, uno strumento adatto ai tempi che possa modificarsi con particolare rapidità.
L’esempio di Puglia Imperiale, nato anch’esso all’interno del Patto Territoriale è particolarmente significativa: undici comuni avevano iniziato a parlare una lingua unica a livello di promozione territoriale nel campo turistico. Ma poi l’idea è sostanzialmente naufragata per i classici personalismi e decisamente poca lungimiranza, forse anche per qualche scelta errata. Parlare una lingua unica a livello turistico, per esempio, diviene un’esigenza fondamentale per un territorio che ospita centinaia di migliaia di turisti all’anno sulle orme di Federico II e non solo. Territorio che, nella sua complessità, va promozionato e deve parlare un’unica lingua quando sceglie di esportare le proprie bellezze e complessità. Interessi e protagonismi non mancano ma l’unione è l’unica via che consentirà di rimetter in moto un tessuto economico e sociale tornato a dividersi più che ad amalgamarsi.