Nel 1937, il poeta, saggista e critico André Breton scriveva: “Sono in contatto con tre grandi surrealisti americani: Marx Brothers, Cecil B. De Mille, e Walt Disney”, anticipando quello che sarebbe inaspettatamente accaduto otto anni dopo.
Nel 1945 infatti il più grande artista surrealista risiedeva negli States e stava lavorando alla sequenza del film Io ti salverò di Hitchcock. Stiamo parlando di Salvador Dalì.

Intanto, il già citato Walt Disney era reduce dal successo di Fantasia e continuando a cavalcarne l’onda, portava avanti sperimentazioni sui package film, lungometraggi composti dall’unione di diversi episodi di pochi minuti e indipendenti tra loro. Fu proprio Disney a proporre una collaborazione a Dalì dopo aver visto i tendaggi con gli occhi dipinti realizzati per la scenografia del film di Hitchock. Dalì accettò senza esitazione.

Disney stava offrendo a Dalì un’occasione su un piatto d’argento per l’artista, permettendogli di far conoscere, attraverso l’animazione, il suo surrealismo al grande pubblico e il cartone animato si prestava perfettamente allo scopo, sposando la visione dell’artista di un’arte che non doveva essere elitaria ma disponibile a tutti.

L’animazione poteva dare vita davvero ai dipinti dell’artista introducendo la diacronicità propria del linguaggio cinematografico, mantenendo l’aspetto pittorico e dando vita a tutte le immagini possibili senza limite alcuno.

Dalì firmò il contratto con i Disney Studios il 14 gennaio 1946 e da quel momento cominciò a lavorare tutti i giorni allo storyboard realizzando bozzetti e dipinti. Dalì produsse 22 dipinti e 135 bozzetti sulla base del soggetto proposto da Walt Disney. Così la love story tra la ballerina e un giocatore di baseball diventò per Dalì occasione per “un’esposizione magica della vita nel labirinto del tempo”. Un viaggio alla ricerca del vero amore e del proprio destino.

Il titolo, Destino, appunto, prese il nome da un brano musicale scritto dal cantautore messicano Armando Dominguez e interpretato da un’indimenticabile Dora Luz.
La magia della storia appare legata indissolubilmente alle note di Dominguez sulle quali le immagini sembrano adagiarsi come se seguissero la loro sorte, il loro destino appunto.
Il canto di Dora Luz partecipa a questo viaggio visionario, diviene una narratrice dell’onirico che porta lo spettatore a perdersi tra il surrealismo daliniano e le magiche atmosfere Disney.

Probabilmente lo scontro tra due personalità forti ed eccentriche come Disney e Dalì appartenenti a due mondi lontani o la difficoltà economiche per la realizzazione del progetto, fecero sì che l’idea del film non superò mai la fase di bozza, fatta eccezione per gli unici 15 secondi di test di animazione che mostravano i ritratti molli di Dalì e Disney sorretti da due tartarughe che si avvicinano lentamente tra di loro, fino a far combaciare le due teste e nello spazio in negativo generavano la figura della ballerina protagonista del film, con una palla da baseball al posto della testa.

Nel 1999 Roy Edward Disney, nipote di Walt, rispolverò il progetto decidendo di ripristinarlo. L’animatore francese Dominique Monfrey, aiutato da circa venticinque collaboratori, decifrò gli storyboard criptici di Dalì e Walt, grazie anche all’aiuto di John Hench che era stato collaboratore di Dalì e finalmente nel 2003 il cortometraggio vide la luce.

Il risultato finale e ricostruttivo sembra rispettare l’intento di Dalì di inserire nell’episodio gran parte del suo repertorio di immagini surrealiste della sua attività pittorica e artistica degli anni Trenta.
A fare da sfondo alle invenzioni oniriche e deliranti, lo scenario tipicamente daliniano di una landa sconfinata interrotta da improvvise concrezioni rocciose, sotto un cielo limpido e terso. Mentre la protagonista femminile richiama chiaramente la fisionomia delle giovani e avvenenti fanciulle dei film Disney e in particolare la perfetta armonia sensuale della gamma di movenze e sfumature gestuali che vanno da Jessica Rabbit alla Sirenetta Ariel, alla Strega del Mare.

Alla fine immaginando un’opera di Dalì con l’aggiunta del tocco di Disney quello che verrebbe fuori sarebbe un sogno visionario e magico. Un sogno che oggi, a distanza di decenni, grazie a Roy Disney non è più un’utopia ma esiste e si chiama Destino.