Benritrovati da Screenema.

Dopo una breve pausa, ritorniamo facendo un salto negli anni trenta, tra i divi dello star system della Hollywood della Golden Age. E incontriamoci al Café society per vedere ed essere visti.

Woody Allen torna con un film leggero e frizzante,’ una commedia scritta da un sadico che fa il commediografo’. E questa volta il commediografo in questione ce la racconta con la sua stessa voce, almeno nella versione originale.

L’occhio della camera di Alllen si muove con carrellate ad altezza d’uomo, perché è quello che interessa al regista americano: la vita umana con tutte le sue sfaccettature.

Café society i prototipi della commedia umana li racconta e li raccoglie quasi tutti: il giovane ebreo impacciato alla ricerca della sua strada, il professore comunista, il produttore di successo, il gangster, l’immigrata, la segretaria, il padre artigiano e fannullone, la madre e la moglie che in casa porta i pantaloni.

Attraverso queste maschere, Allen racconta tutto ciò che da sempre gli sta a cuore: le donne, le relazioni, gli amori visibili e quelli celati , la religione, l’idea della morte e soprattutto il cinema. E lo fa guardando il mondo di Hollywood, come sempre, dalla sua Manhattan, dove vive e lavora. La distanza gli permette  di avere un punto di vista panoramico e critico sui fatti e sulle cose del mondo.

Il mondo di Hollywood, tra la penna e dietro la macchina da presa di Woody Allen, diventa un microhabitat tenuto in atmosfera protetta in una specie di laboratorio in cui studiare e verificare cause  e conseguenze dell’umano agire. Per lo spettatore, la distanza da un pianeta mitologico come quello dei vip delle copertine patinate del cinema, è il gap giusto, quanto necessario, per poter guardare, guardandosi ma senza essere visti. Spiarsi dal buco della serratura per scoprirsi simili nella natura e nelle ragioni delle azioni e delle scelte, nonostante le evidenti differenze.

Café society è un film sulla duplicità e sul tradimento, di una relazione, del proprio credo religioso, della società e di certi  valori. Inversioni di marcia quando puntualmente si scopre qualcosa di più affascinante, salvo poi guardar meglio da vicino e non trovarci più nulla di così attraente. Allora c’è chi si converte per trovare un senso alla vita dopo la morte, chi tradisce per amare e lasciarsi amare con slancio, chi finge di essere qualcuno per poter cogliere un’occasione, chi truffa la società e uccide per poter sentirsi potente  e artefice del proprio destino.

Si bluffa, in due parole: si vive. La vita ha i suoi appuntamenti e la sua puntualità e nella maggior parte dei casi il tempismo è tutto e spesso è tutto quello che manca. Soprattutto in un amore non ricambiato,  ‘che fa più vittime della tubercolosi’.

Allen è uno scienziato dell’umanità che, da soggetto e oggetto di studio al tempo stesso, non cerca soluzioni ma conferme. Assunti teorici ma inconfutabili come ‘i sogni sono sogni’ e ‘certi sentimenti  non muoiono mai’. Il tempo è tutto.  Quello che passa, quello che torna. Il tempo della gente che cambia e quello delle scelte.

L’Allen autore, regista, narratore e voce narrante trasferisce la profondità dei  temi contemporanei -nascosta sotto la bellezza delicata , semplice e apparente della superficie – non solo in scrittura ma anche nella prospettiva fotografica. Scene di impianto pittorico rinascimentale con un perfetto equilibrio tra pieni e vuoti, un riverbero del doppio, lungo le linee di fuga,  la gamma cromatica dal rosso al terra di Siena nella scelta dei costumi e della costruzione dell’ambiente. Nella fotografia come nelle vicende narrate.

La realtà leziosa del visibile nasconde quella rude dei segreti e dei desideri, perché la vita fa sorridere quando riesce a stare nei tempi comici ma elargisce rimpianti quando gioca fuori tempo.  Insomma, esattamente una commedia scritta da un sadico che fa il commediografo.